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I depositi

La successione conservata dei depositi , è costituita nella parte inferiore da depositi sabbioso-limosi appartenenti all'unità litostratigrafica "Villafranchiano" con livelli di lignite. Lungo la Stura tra Robassomero e Grange di Nole sono affiorati diversi ceppi in posizione di vita (foresta fossile) che hanno permesso lo studio della cenosi forestale (da notare finora la mancanza di fossili faunistici tranne rare elitre di coleotteri) che è stato possibile correlare alla flora del Pliocene medio-superiore, di clima caldo umido, cresciuta un ambiente lacustre tipico delle piane di esondazione. Gli stessi tipi di reperti sono rinvenibili lungo il Ceronda a La Cassa. Purtroppo questi affioramenti trovandosi nell'alveo attivo dei corsi d'acqua sono soggetti a continui rimaneggiamenti. Attualmente la foresta fossile è visibile solo in piccoli lembi. Sono in corso studi per la sua valorizzazione e messa in sicurezza. La successione sedimentaria passa superiormente ad un ambiente di energia leggermente superiore, fluvio lacustre, con canali anastomizzati di un antico delta sulla costa torinese. La successione è troncata e le ghiaie sovrastanti poggiano in discordanza angolare. I risultati del più recente studio magnetostratigrafico indicano un'età possibile tra 3,04 e 3,11 milioni di anni.
I depositi del villafranchiano superiore divengono via-via più grossolani fino ad essere troncati, indice dell'aumento improvviso dell'energia dei corsi d'acqua dovuta al sollevamento del margine alpino (interessato da importanti zone di deformazione attive), al cambio di regime della portata e del carico solido (periodi glaciali) e al completo cambio vegetazionale. Nel complesso i depositi del passaggio tra il Villafranchiano e il Pleistocene medio (circa un milione d'anni) sono completamente assenti.
Il terrazzo principale, è costituito da un complesso omogeneo di ghiaie clast supported con rare lenti sabbiose a stratificazione incrociata la cui granulometria è molto variabile (diametri fino a 50 cm) che nel complesso definiscono un ambiente costruito da uno più corsi d'acqua con andamento pluricursuale a treccia; la composizione litologica è molto costante e sono rappresentate tutte le rocce delle valli lanzesi sebbene prevalgano le rocce basiche e ultrabasiche come serpentiniti, lherzoliti, anfiboliti, diabasi e gabbri mescolate con micascisti, gneiss e apliti. L'alterazione di questi materiali è tale che spesso le rocce con forte componente biotitica e feldspatica appaiono solo più sotto forma di un aggregato soffice sferoidale (fantasma). In base ai rapporti geometrici e al grado di alterazione delle rocce è stato possibile dividere questi depositi in tre unità: unità di Rio San Rocco (troncata e ricoperta dalle due successive, affiorante solo nelle incisioni più profonde), unità di Fiano, unità della Mandria (giustapposte e divise da un terrazzo appena percettibile), di età via via più recente.
Le ricerche per la pubblicazione del volume "Geologia del Parco La Mandria" hanno portato alla distinzione dell'altipiano mandriano in tre unità: Unità di Fiano, la più antica - conservata lungo uno stretto lembo lungo la Val Ceronda-  separata da una debole rottura di pendenza dalla Unità de La Mandria, che costituisce la maggior parte dell'altopiano. La terza Unità (Unità di Cascine Vica) è costituita da depositi glaciali dell'anfiteatro della Dora. Questi depositi si appoggiano ai precedenti senza evidenze morfologiche, è tuttavia possibile riconoscerli grazie alla presenza di ciottoli di esclusiva provenienza valsusina. Si segnala la presenza di un masso erratico di discrete dimensioni (3-4 mc), verosimilmente l'erratico più a nord di tutto l'anfiteatro. Un manto di limi di origine eolica, molto rimaneggiati da soliflussi periglaciali, ricopre ancora il terrazzo mandriano, a volte per spessori di molti metri. Ricordiamo che è possibile richiedere il volume Geologia del Parco La Mandria, corredato da carta geologica di dettaglio.

(foto di Archivio Ente Parco)
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