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Praterie

La maggior parte della superficie prativa che oggi si osserva nel parco è stata realizzata negli anni venti-trenta del novecento per favorire la "battaglia del grano", quella politica che doveva portare all'autosufficienza alimentare; a farne le spese furono ovviamente centinaia di ettari di foresta planiziale. Altri prati, come si evince da diverse carte dei secoli scorsi, sono invece di origine molto più antica: alcuni si possono far risale all'epoca medievale (ad esempio la zona circostante la cascina Rubbianetta).

Le opere di bonifica, realizzate con grande dispendio di uomini e mezzi, comportarono il livellamento della superficie del terreno, facilmente osservabile dal confronto con le aree ancora boscate, caratterizzate da un suolo più ondulato e articolato: questo ha determinato sicuramente un aumento delle condizioni di idromorfia e una riduzione della fertilità forestale, causata anche dall'asportazione della biomassa vegetale incorporata nel suolo.

Le praterie possono essere definite come prati stabili da sfalcio (circa 500 ettari) annualmente irrigati per allagamento, concimati organicamente (quindi è esclusa la fertilizzazione chimica) permettendo 2-3 tagli annui (fig. 1). I prati stabili da sfalcio sono inclusi nella Direttiva Habitat (Praterie magre da fieno a bassa altitudine).

In alcuni, non più mantenuti da diversi anni come tali, si è instaurata una cenosi forestale pioniera, con l'ingresso di specie quali frassini, carpini, arbusti e in zone più umide betulle e ontani (fig. 2).

Fig. 1 - Prati zona bassa
Fig. 1 - Prati zona bassa
(foto di Archivio Ente Parco)
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