Una storia sotterranea
Il territorio di Stupinigi rappresenta un confine paesaggistico importante. Se si osservano i due corsi d'acqua che in qualche modo lo definiscono, a nord il Sangone, a sud il Chisola, non si può che essere colpiti dalla differenza del loro alveo: incassato e rettilineo il primo, superficiale e meandriforme il secondo. Anche un fugace colpo d'occhio ai suoli può fornire un indizio: di colore mattone (non per nulla estesamente cavati per le locali fornaci) intorno al Concentrico, di colore grigio e spesso imbevuti d'acqua nell'area del Parco. A Stupinigi infatti si incontrano il Bacino Piemontese Settentrionale (caratterizzato da sponde fluviali terrazzate) con il Bacino Piemontese Meridionale (valli sovralluvionate delle quali spuntano solo alcune cime, tipo la Rocca di Cavour). Questi due bacini sono sempre stati ben distinti grazie allo spartiacque costituito dalla Collina di Torino (che si prolungava in direzione sud ovest oltre Moncalieri e si raccordava con i depositi dell'anfiteatro morenico della Dora Riparia). Il Po dunque non scorreva verso nord ma verso est, all'incirca allineandosi pigramente (l'attuale centro storico di Chieri, non per nulla detto "la Chiocciola" è chiaramente costruito secondo le anse di un antico meandro) lungo l'attuale corso del torrente Banna. Tutto ciò fino a circa 60.000 anni orsono, nel pieno dell'ultimo periodo glaciale, allorché il Po e il Tanaro, allora uniti, chiamiamoli Paleopo e Paleotanaro, cambiarono direzione all'incirca nel punto ove ora sorge Villastellone.
Nella figura ci sono tutti gli elementi per capire la particolare situazione di Stupinigi. Il Pliocene marino è costituito da sabbie tipiche di mare basso, e da argille deposte in acque più alte. Si vede come questi sedimenti sono deformati in una piega anticlinale (cioè la Collina di Torino, attualmente, sotto Nichelino, sepolta sotto qualche decina di metri di altri sedimenti) e in un piano inclinato verso ovest (l'attuale altopiano di Poirino). Nell'ultima parte del Pliocene (Villafranchiano, intorno a 2 milioni di anni, prima delle glaciazioni) il mare in via di ritiro è sostituito da estese lagune e delta fluviali con depositi costituiti da canali sabbiosi, sede ora di una preziosa falda acquifera, che circondavano un embrione collinare. L'arrivo delle glaciazioni crea una forte erosione e un netto cambiamento idrografico: i sedimenti sono grossolani e vengono trasportati dai corsi d'acqua che drenano le valli alpine. Il continuo basculamento e inarcamento dell'altopiano di Poirino ha poi portato il Paleopo e il Paleotanaro ad incidere una soglia tagliando le colline all'altezza di Moncalieri. L'adattamento ad un nuovo livello di base ha portato il Po (ora è "Neopo") a scavare i propri sedimenti lasciandoci un allineamento di terrazzi sui quali verranno costruite La Loggia e Carignano. Raggiunto il nuovo profilo di equilibrio, la valle è stata poi riempita da nuovi sedimenti, a partire da 40.000 anni fa solo dal Po e non più dal Tanaro che invece ha ricominciato a scorrere verso est. La particolare ricchezza di acque di risorgiva del territorio di Stupinigi e Nichelino è dunque un riflesso di questa situazione: le acque di falda del Villafranchiano, una volta raggiunti i depositi marini, sono costrette a risalire andando ad arricchire le acque superficiali e quindi a sgorgare in ogni minima depressione del terreno.
Cosa succederà in futuro?
I movimenti sono ancora in corso! Il bordo nord-occidentale della Collina di Torino rappresenta il confine tra gli Appennini e le Alpi. Il movimento tra questi due domini è piuttosto complesso e rilevabile solo grazie a misurazioni geodetiche di alta precisione. Proprio a Stupinigi è possibile rilevare una differenza nel sollevamento relativo tra un settore a nord ovest (collegabile all'edificio alpino) e un settore sud est collegabile agli Appennini in relativo abbassamento. L'interpretazione ci dà la presenza di una faglia inversa sub verticale con un movimento transpressivo (il pallino indica movimento verso chi guarda), forse una delle ultime espressioni della Linea del Canavese.
Curiosità
Non solo Fritz
Risalgono a due secoli addietro le prime notizie riguardanti la scoperta di resti di Elefante nella pianura del Po a monte di Torino. Come riferisce Cara de' Canonico (1791), carignanese, membro dell'Accademia delle Scienze, in uno scritto breve ma pregevole per dettaglio di osservazioni, a seguito di una piena del Po avvenuta nel maggio 1790 fu casualmente rinvenuta da un pescatore, recatosi a far raccolta di legnami sul greto del fiume tra Carignano e La Loggia, una difesa di Elefante. L'Autore, venuto a conoscenza di tale reperto, subito ne rilevò l'analogia con uno consimile, rinvenuto vent'anni prima nell'alveo del T. Chisola presso Vinovo. Mentre per quest'ultimo non vengono forniti dati descrittivi, salvo il peso, piuttosto ragguardevole (<< 75 libbre» = 27,5 kg), dell'esemplare di Carignano viene fatta un'accurata descrizione. Per inciso, entrambi i resti vennero interpretati come appartenuti agli «elefanti d'Annibale periti nelle pasture intorno il Po, e la Chisola ». Purtroppo non risulta si sia conservata traccia sino ai nostri giorni dei due importanti reperti.
Era tradizione interpretare come resti dell'esercito di Annibale ogni resto elefantino, sebbene da tempo gli eruditi di area germanica rimanessero molto perplessi di fronte a ritrovamenti in zone mai attraversate da Annibale. Il nostro Cara de' Canonico dunque non sembra molto aggiornato, visto le già stringenti osservazioni dell'insigne naturalista toscano Giovanni Targioni Tozzetti che già nel 1751-54 dichiarava di aver trovato ossi d'Elefante in tale quantità e a tale profondità nelle paludi della Valdarno da poter tranquillamente escludere che potessero trattarsi dei resti dell'UNICO elefante rimasto ad Annibale dopo il passaggio degli Appennini.
È comunque presumibile, quanto meno dalle descrizioni fornite per uno di essi, che fossero appartenuti a Mammuthus primigenius, tenuto conto soprattutto del fatto che si trattava di esemplari probabilmente rimaneggiati, all'origine contenuti nei depositi tardo-wurmiani, su cui nelle località citate si sovrappongono alluvioni recenti e attuali.
Si noti però che le ultimissime ricerche riguardo l'itinerario di Annibale sembrano aver accertato che il colle usato dal condottiero sia stato le Traversette (Valle Po) da dove, per raggiungere Taurinum, si doveva per forza seguire i terrazzi del Chisola…